La vera storia del Mucchio
di Federico Guglielmi

1986

Il graduale distacco di Maurizio Bianchini, che da settembre lascia anche volontariamente il suo incarico – peraltro “politico” più che effettivo – di supervisore preferendogli semplici contributi da esterno, porta a una rettifica della linea editoriale del Mucchio: pur non rinunciando alle aperture, la rivista riduce quindi sensibilmente gli spazi non musicali, come dimostrato dalla soppressione del sottotitolo “mensile di musica e cultura rock” e dall’unica copertina cinematografica – al 50 percento: il pretesto è il film “Absolute Beginners”, ma il soggetto è David Bowie – inserita fra quelle che effigiano Sade, Bob Dylan, Lloyd Cole, Bruce Springsteen, Rolling Stones, Eurythmics, Lou Reed, Diaframma, Smiths e ancora il Boss. La pur parziale defezione di Maurizio non è però la sola novità sul fronte interno: da febbraio, per occuparsi di cinema, è infatti reclutato Gianni Canova (anni dopo direttore di “Duel” prima e “Duellanti” poi), e rispettivamente a gennaio, marzo, ottobre e novembre arrivano Renato Striglia, l’esperto di reggae e black Paolo Ferrari, l’appassionato di rock italiano (nonché fondatore della storica fanzine “Urlo”) Vittorio Amodio e Maurizio Lucenti; ancora a marzo, l’ormai lanciatissimo Luciano Viti rinuncia al suo ruolo di fotografo ufficiale, costringendo il giornale – che per forza di cose non può più prescindere da una certa qualità di immagini – a rivolgersi ad agenzie e freelance (tra questi, il più assiduo è Fausto Ristori); inoltre, un accordo con il mensile statunitense “Musician” consente la pubblicazione in esclusiva per l’Italia di varie eccellenti interviste a stelle di prima grandezza del rock (Pete Townshend, Elvis Costello, Tom Petty, Rolling Stones, Lou Reed, Ric Ocasek); da novembre, infine, è istituita una “redazione” comprendente Eddy Cilìa, Massimo Cotto, Maurizio Favot e Mauro Zambellini, oltre a uno Stefano Ronzani che, trasferitosi a Milano, garantirà utili rapporti con quell’industria discografica che ha il suo centro proprio nel capoluogo lombardo. Inoltre, per quattro mesi, le copie distribuite a Roma e Milano avranno come allegato gratuito l’inserto di otto pagine “City Rock”, sorta di mini-rivista incentrata sulle situazioni delle due metropoli: non farà vendere di più né servirà a raccogliere pubblicità a livello locale, e l’esperimento sarà dunque subito abbandonato.

Il 1986, però, è anche l’anno del fatidico numero 100, e la ricorrenza è festeggiata in modo davvero insolito: rielaborando una vecchia idea di “Gong” (che aveva avuto come involontari protagonisti Crosby Stills Nash & Young), Stèfani commissiona a Cotto una splendida e credibilissima recensione di un fantomatico, imminente triplo album live di Springsteen – titolo, “Songs To Orphans” – inventandosi di averne ricevuto l’advance da Clarence Clemons per poterlo presentare in anteprima mondiale. Uno scherzo “fantastico” al quale parecchi abboccano, complice anche il fatto che da tempo immemore si parlava della possibile uscita di un disco in concerto del rocker americano, e che in epoca pre-Internet le verifiche non erano facili e immediate come oggi; un mese dopo Bianchini rivelerà la burla (che aveva inflitto alla redazione centinaia di telefonate di lettori, negozianti e giornalisti), ma la cosa più straordinaria sarà l’uscita, successiva di pochi mesi, di “Live 1975-1983”: così, a dicembre, il Mucchio rimetterà Springsteen in prima pagina, titolando con ironia “il quintuplo dal vivo del Boss è falso?”. Per la cronaca, il centesimo numero coincide con l’aumento del prezzo a 4.000 lire, “addolcito” con l’omaggio di un poster del Boss fotografato sul palco da Claude Gassian. Da ricordare anche la cartolina augurale appositamente realizzata dal grande Roberto “Magnus” Raviola, pubblicata all’interno a corredo dell’intervista al disegnatore, e l’articolo celebrativo di Bianchini, con le osservazioni sul Mucchio di una decina di addetti ai lavori e due ospiti di grande rilievo: il comico Paolo Hendel e lo scrittore Stefano Benni (“I giornali di musica mi fanno vomitare. Il Mucchio è quello che mi fa vomitare meno di tutti”). Per la cronaca, ad aprile è varata una rubrica sui compact-disc, che iniziavano lentamente a conquistare gli appassionati a scapito del vinile, e a marzo gli Oscar vedono il trionfo a mani basse dei Jesus And Mary Chain di “Psychocandy” e del Tom Waits di “Rain Dogs” (nel cinema, invece, si impone l’Alan Parker di “Birdy”).

Fra questi grandi e piccoli eventi, le Edizioni Lakota lanciano due nuove testate: in primavera esordisce “Chitarre”, “mensile di tecnica musicale e chitarristica” diretto da Augusto Veroni e Andrea Carpi, mentre a luglio tocca a “Subway”, supplemento estivo di 96 pagine con articoli già apparsi sul Mucchio e un paio inediti, due racconti di Antonio Tettamanti e Blue Bottazzi e due storie a fumetti (una con testi di Mauro Zambellini); ed è qui che i mucchiofili si imbattono per la prima volta nel nome di Bianca Spezzano, compagna di Max Stèfani di lì a poco destinata a influire – in modo al momento insospettabile – sul futuro della rivista.

Una Risposta to “1986”

  1. Un piccolo ricordo sullo scherzo del live di Springsteen. Dopo qualche giorno di domande sempre più imbarazzate ai ben 4 negozi di allora di Lodi, comincio a SUBODORARE che qualcosa non va. Ma ecco che esce su Il Giornale (allora di Montanelli) una recensione bella estesa del live in uscita, firmata dal decano Cesare G. Romana. Allora esce davvero! La fiducia nella mia rivista preferita ritorna intatta… però… in casa abbiamo anche gli elenchi del telefono di Milano…. cerco Cesare Romana e ne trovo uno… lo chiamo e chiedo se è lui il critico de Il Giornale… sì è lui… allora gli chiedo se il disco che ha recensito esiste, perchè i negozi non ne sanno niente…. e lui mi racconta che sì, il disco esiste, ha partecipato ad una conferenza stampa di presentazione e ha scritto l’articolo dopo aver ascoltato il disco. Grazie, Cesare G.!!! Ricomincio a tampinare i negozi, i giorni passano, e alla fine viene fuori lo scherzo…. le motivazioni mandano in bestia il permaloso fan integralista diciannovenne che ero, e la copertina agli Eurythmics non aiuta… decido di non prendere MAI PIU’ il Mucchio… poi a settembre vado in Fiera al Salone degli strumenti musicali (come si chiamava?), mi imbatto nello stand del Mucchio e vedo Lou Reed in copertina… vaffanculo, lo prendo e porto via anche l’arretrato dell’82 quasi per metà dedicato a Nebraska… Con voi ho litigato e vi ho perdonati non so quante volte. Del Cesare G. non so se è ancora vivo e se scrive ancora… l’ultima traccia a me nota è un best seller su De Andrè… se ce l’avete secondo me vi conviene portarlo al Libraccio.


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